Chi si autogoverna con successo? La Slovenia, la Svezia, la Costarica, l’isola di Taiwan, per esempio.
L’autogoverno di comunità più piccole e più a misura d’uomo è la strada da percorrere, per noi che vogliamo qui e ora essere cittadini liberi e responsabili, e ancora di più per assicurare un futuro migliore alle prossime generazioni. Autogoverno è la parola chiave, per noi, che ci guida verso obiettivi di autonomia sempre più ambiziosi, mettendoci al riparo dalle illusioni e dalle falsità di tanti che brandiscono la parola indipendenza come uno slogan vuoto.
Qui pubblichiamo alcuni spunti su realtà politiche più a misura d’uomo, che funzionano, che sono prospere e aperte al mondo, molto di più dei grandi stati.
SLOVENIA – 2 milioni di abitanti – membro della UE – valuta EURO – membro NATO
Il 25 giugno 1991 la Slovenia ha proclamato la propria indipendenza dalla Jugoslavia. Resistette alla brevissima campagna militare che per una decina di giorni le mosse contro il governo centralista di Belgrado. Riuscì a farsi riconoscere internazionalmente. La Slovenia ha solo due milioni di abitanti e una superficie di 20 273 km² (poco più piccola della Toscana). La repubblica di Slovenia era già un paese socialmente ed economicamente avanzato quando era membro della federazione jugoslavia. Con l’indipendenza ha continuato a crescere, perseguendo l’ideale di essere una società aperta. Nella transizione dall’economia socialista a quella di libero mercato, le privatizzazioni sono state gestite con prudenza e lo stato sociale è stato mantenuto. A tutte le aziende locali di eccellenza sono stati forniti incentivi e sostegni per ancorarle al territorio, anche quando esse sono state acquisite da capitali stranieri. C’è stato un continuo impegno per la protezione dell’ambiente, per la cultura, per l’innovazione. La ricchezza pro-capite (aggiustata secondo il potere di acquisto interno) è arrivata a superare quella di Portogallo e Grecia e tallona da vicino quella della Toscana e dell’Italia (34.000 a 37.000 circa, secondo queste statistiche del 2017). E’ membro della NATO e della Unione Europea, dove si distingue per moderazione e prudenza. Nel 2007 ha adottato l’Euro. I fondamentali della finanza pubblica sono molto solidi: efficienza fiscale, deficit contenuti, debito pubblico decrescente (inferiore all’80% del PIL). Tutto bene quindi? No, le conseguenze della grande crisi economica si sono fatte sentire anche qua. Sono state nazionalizzate le banche che, avendo partecipato alle speculazioni internazionali, erano finite sull’orlo del fallimento. Sono apparsi i problemi dell’essere periferici rispetto ad aree più forti, come l’emigrazione dei giovani di maggior talento verso la Germania e l’Austria. Ci sono anche qui tensioni sociali nei confronti dei pochi immigrati dalle regioni balcaniche più arretrate. Tutto però è gestito all’interno di una comunità a misura d’uomo, coesa dalla propria lingua e cultura locali. Il sistema politico è plurale ed aperto, caratterizzato da frequenti alternanze al potere. Il rapporto tra elettori ed eletti è continuo e quotidiano.
Per coloro che volessero approfondire:
- http://www.limesonline.com/tra-i-malati-deuropa-ce-anche-la-slovenia/36680 (un articolo del 2012 sulle conseguenze della crisi)
- http://www.slovenia.si/visit/features/conference-debates-social-economy-in-se-europe/ (l’impegno sloveno per l’ambiente e una economia sostenibile)
- https://jacobinmag.com/2018/07/slovenia-election-sds-janez-jansa-levica (un articolo del 2018 che rilegge in chiave critica l’attuale situazione politica ed economica della Slovenia)
SVEZIA – 10 milioni di abitanti – membro della UE – valuta nazionale – politica di neutralità
La Svezia, dopo aver vissuto nella prima modernità una stagione di aggressivo militarismo e colonialismo verso il resto dell’Europa, si è ritrovata nel XIX secolo a essere un paese povero e in declino, con una fortissima emigrazione. Nel 1905 vive una pacifica separazione dall’ultima delle sue dipendenze coloniali, la Norvegia. Dalla divisione emerse un paese ancora enorme e sottopopolato (grande più di venti volte la Toscana!), ma certamente molto più socialmente coeso. Grazie all’industrializzazione alcune risorse naturali, come il legno, poterono essere sfruttate più massicciamente, ma i fattori decisivi del lento ma deciso progresso della Svezia vanno cercati altrove, in scelte istituzionali e politiche come: forti autonomie locali, dotate di risorse certe, che erogano direttamente la maggior parte dei servizi sociali; l’istruzione universale obbligatoria e gratuita per i giovani di ogni classe sociale; la cultura e la ricerca scientifica; la promozione dell’uguaglianza di genere; la costante difesa della piccola proprietà privata di ogni famiglia; la scelta di mantenere una economia aperta e liberale ma unita all’avanzamento dei diritti di tutti i lavoratori; la difesa nel tempo – anche negli anni più difficili – di una pensione dignitosa per tutti; il mantenimento, attraverso una serie di tentativi, errori e correzioni, di un welfare invidiabile.
In ultimo, ma non certo per importanza, si deve ricordare la politica di neutralità, che ha mantenuto la Svezia fuori dalle due guerre mondiali e fuori dalla NATO.
Si noti che, fra questi fattori, non ce ne uno che sia “culturale” o “religioso”. A chi ripete il pregiudizio “culturalista”, secondo il quale la Svezia funziona perché ci sono gli “svedesi” o i “protestanti”, raccomandiamo di mettersi a studiare un po’ di più. Unica strada per uscire stabilmente dai preconcetti. Nel nostro mondo globalizzato non c’è più alcuna comunità umana che sia “culturamente” impossibilitata a fare scelte di libertà, responsabilità, giustizia, quelle che, nel lungo termine, consentono una prosperità equa e sostenibile. Sì, tutti possiamo diventare un po’ “svedesi”, se facciamo scelte istituzionali e politiche ispirate all’esperienza svedese.
Nel nostro XXI secolo, la Svezia è e resta stabilmente in testa a tutte le graduatorie internazionali in termini di reddito, qualità della vita, trasparenza. Il paese è anche diventato, per i suoi alti standard di vita e di inclusione sociale, una meta di immigrazione mondiale. In questi ultimi anni, a seguito delle guerre neocoloniali scatenate dai paesi NATO, il paese ha avuto un picco delle richieste di asilo. Nel 2016 la Svezia ha accolto da sola quasi 200.000 immigrati (molto più dell’intera Italia), non senza difficoltà, ovviamente, ma difficoltà causate dall’imperialismo e dal colonialismo di altri, a cui questo paese, nonostante le sue limitate risorse, resiste a suo modo e al meglio che può.
Per coloro che volessero approfondire, consigliamo alcune letture assolutamente elementari e meramente introduttive:
- https://en.wikipedia.org/wiki/Folkhemmet – una pagina wiki che può servire anche da valida introduzione a comprendere l’influenza di un economista chiave del moderno stato sociale, lo svedese Gunnar Myrdal
- http://www.milkenreview.org/articles/the-swedish-economy-triumph-of-social-democracy-or-serendipity – un articolo introduttivo (e non simpatetico) sui meriti e sui limiti della storia della socialdemocrazia svedese
- http://www.telegraph.co.uk/news/2017/02/22/data-analysis-true-scale-immigration-crime-sweden-five-charts/ – un articolo abbastanza recente sulle difficoltà di fare integrazione in presenza di una immigrazione massiccia
COSTARICA – 5 milioni di abitanti – Centroamerica – valuta autonoma Colón Costaricano – paese neutrale
Paese neutrale e disarmato dal 1949, protagonista di innegabili successi sociali e ambientali. Leggete qui per un approfondimento.
TAIWAN – Una nota sul successo di questa piccola e prospera repubblica nel fronteggiare il coronavirus.