Un po’ di storia e di riflessione autocritica. Due anni fa, nel 2016, il nostro movimento, quando si chiamava ancora con il nome provocatorio “Toscana Stato”, pubblicò su Change.org una petizione per l’indipendenza della Toscana. L’appello rivelava un qualche generoso anticonformismo. Confessiamocelo, però, apparteneva a quella fase politica infantilistica, comune a tanti movimenti portatori di istanze radicali di autogoverno, che sono e restano piccoli, fragili, divisi, subalterni, personalistici.
Quando ci si avvicina a un ideale difficile da realizzare, come l’indipendenza di un territorio storicamente vocato all’autogoverno, ma prigionerio di uno dei moderni stati centralisti, il primo rischio che si corre è quello di restare in-dipendenza.
Velleitarismo e settarismo diventano una tentazione quasi invincibile. Si parte in pochi, si lancia un messaggio forte, si resta quindi in pochi, isolati. Allora ci si sforza di alzare ancora di più la voce, ma con il risultato di restare ancora più soli. E’ un circolo vizioso. Così, fatalmente, si resta subalterni e in-dipendenza.
Paradossalmente, più si è settari, più si alzano i toni, più si è in pochi, più si è subalterni e utili allo status quo.
Ogni volta che nasce una piccola forza indipendentista, fondata in pochi e per pochi, magari subalterna a certe correnti scioviniste, bigotte, para-leghiste, più i difensori dello status quo si sentono rassicurati, perché capiscono che lo status quo non ha nulla da temere.
Il cammino verso un mondo fatto di territori che si autogovernano, dove la persona umana conti qualcosa e faccia la differenza in un sistema politico a misura d’uomo, è fatto di approfondimento spirituale e culturale, di un impegno decentralista concreto, di inclusione sociale, di ricerca di alleanze locali e globali.
Si possono continuare a fondare partiti indipendentisti, ma è inutile se si resta in-dipendenza.
Il cammino verso l’indipendenza deve essere portato avanti da intere comunità che si impegnano in un cammino di liberazione dal basso, inclusivo, popolare, fondato sulla selezione di obiettivi di AUTOGOVERNO sempre più audaci, ma anche praticabili e realizzabili.
Noi qui in Toscana, quando abbiamo riorganizzato il nostro toscanismo nel Comitato Libertà Toscana, ci siamo immaginati un cammino concreto fatto insieme al maggior numero di persone possibile. L’indipendenza non può essere un viaggio solitario!
Comitato Libertà Toscana crede in questo cammino: riorganizziamo gli acquedotti toscani; riprendiamoci la rete del gas; facciamoci la nostra rete cellulare pubblica; pretendiamo indietro le nostre ferrovie toscane; restituiamo ai comuni toscani le scuole; esigiamo l’autogoverno toscano di sempre più servizi e beni pubblici.
Un passo alla volta, magari, ma sempre verso l’autogoverno di tutto ciò che conta nella vita quotidiana di una terra.
Raggiungiamo obiettivi concreti e lentamente risvegliamo nella nostra gente il coraggio e la tenacia, ma anche le competenze e la saggezza necessarie per l’autogoverno.
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Qualche stralcio dalla petizione del 2016:
Chiediamo l’appoggio di tutti i Toscani per inoltrare una petizione alla Regione Toscana affinchè venga organizzato un referendum consultivo sull’autodeterminazione del popolo toscano, così come sta accadendo in Veneto. Come in Europa sta accadendo in Catalogna e in Scozia. Come sta accadendo davanti le coste della Toscana, in Corsica, dove a inizio anno si è insediata una assemblea indipendentista.
Molti potrebbero essere sbalorditi da questa richiesta stante le difficoltà nell’organizzare un movimento indipendentista in Toscana (fino al 2006 l’indipendentismo in questo civilissimo e democratico Paese poteva essere punito con il carcere, anche con l’ergastolo) e a causa del “sontuoso” lavaggio del cervello unionista fatto ad ogni livello dall’Italia.
(…)
Dopo il 1860 (l’annessione della Toscana, ndr) l’Italia ci ha trascinato in due guerre mondiali, in imprese coloniali, negli anni di piombo, in crisi finanziarie, in attentati mafiosi (pensiamo ai Georgofili), ci ha riempito di ndrangheta e camorra, di clientele e corruttele, in ultimo ci ha impelagato in una gestione totalmente scellerata dell’imponente flusso immigratorio. In oltre 150 anni di unità statale non ci sono pagine storiche di cui andare fieri, per nulla.
In un secolo e mezzo abbiamo dovuto ingoiare troppi rospi, il tempo per noi è scaduto: l’Italia ne ha avuto fin troppo.
(…)
Altresi non si confonda il nostro indipendentismo con la Lega Nord, che pur avendo ai suoi albori piantato qualche raro seme positivo, a causa dell’ignoranza imbarazzante di Bossi e la sua successiva svendita al sistema romano, ha recato solo danni alle istanze indipendentiste di tutti. Aver, per strafottente ignoranza, incluso la Toscana in un assurdo progetto di Padania (a loro insaputa riprendendo l’antico piano di Cavour) ha rallentato ulteriormente il processo indipendentista in Toscana. Dopo trent’anni di Lega lo Stato italiano è più accentrato di prima. Inoltre l’ultima svolta lepenista della Lega Nord di Salvini ha di fatto per sempre scisso le idee indipendentiste da quello che ora non è altro che un clone del Front National francese: un partito di destra nazionalista italiano, perfettamente afferente al sistema.
Intendiamo pertanto lavorare per giungere ad un referendum, col vostro appoggio, che faccia esprimere il popolo toscano circa la volontà o meno di rimanere in Italia. Successivamente si aprirà una fase costituente che metterà le basi del futuro Stato Toscano.
La petizione si meritò qualche citazione sui media, come questa:
Raggiunse 150 adesioni, che non è certo un numero piccolo, ma non c’era nessuna vera struttura politica, allora, che poteva portarla avanti.
Con il tempo, con umiltà, con la partecipazione, non ripetiamo gli errori di questo nostro anche recente passato!
Venite, partecipate, iscrivetevi a una forza popolare e sociale aperta e inclusiva, come il Comitato Libertà Toscana, oppure – se già avete il vostro gruppo civico o politico – raccordiamoci e lavoriamo insieme attorno a degli obiettivi comuni concreti e raggiungibili.