La nostra proposta sui nomadi

Firenze, mercoledì 13 giugno 2018

La nostra proposta aperta
per l’integrazione dei nomadi
e la chiusura di tutti i campi
di Firenze e della Toscana

 

Comitato Libertà Toscana crede nella responsabilità e nel senso del dovere di tutti coloro che scelgono di risiedere in Toscana. Dedizione al bene comune e adesione alle regole civili della Toscana non sono facoltative, sono un obbligo per tutti, indipendentemente dalle condizioni personali e sociali. Diciamo no, con fermezza, a ogni cultura dell’esonero dalle responsabilità individuali.

Attraverso i nostri progetti politici per una vita a misura d’uomo in ogni rione, quartiere, paesino e borgo della Toscana, noi crediamo che sia possibile una nuova stagione di corresponsabilità e solidarietà, di piena adesione di ciascuna persona ai propri doveri e, al tempo stesso, di riconoscimento dei diritti, in ossequio ai nostri principi ispiratori (https://www.comitatolibertatoscana.eu/11-punti/).

I nomadi in Toscana non sono solo Rom e Sinti di cittadinanza italiana. Sono una realtà più complessa, segnata da una immigrazione eterogenea che spesso ha con la cultura zingara legami meno netti di quanto si è immaginato in passato.

In passato si è sperato che alcuni gruppi di nomadi potessero progredire autonomamente, continuando a vivere in campi separati. Questi campi, però, con il tempo, sono diventati dei ghetti impermeabili alle regole e alle leggi comuni.

Non ci interessano, in questa sede, processi sul passato. Anzi chiediamo a tutti coloro che storicamente si sono occupati delle persone e delle famiglie dei campi nomadi, di mettere a disposizione la loro esperienza per quello che consideriamo un necessario cambio di rotta. Facciamo nostre le raccomandazioni europee sulla chiusura di tutti i campi nomadi. Ci appelliamo all’esperienza accumulata da associazioni come la AIZO (Associazione Italiana Zingari Oggi – http://www.aizo.it/), che possono aiutare nella stesura di progetti di piena inclusione sociale, alfabetizzazione, obblighi di istruzione anche per gli adulti, obblighi di mettersi a disposizione per lavori socialmente utili, responsabilizzazione di tutti e in tutto.

Progetti e finanziamenti ce ne sono già stati, anche a Firenze e in Toscana. Occorre rivederli, metterli a fuoco, attuarli con decisione, costanza, capacità critica e autocritica.

Nessuno ha la soluzione in tasca. Questo nostro documento politico è una proposta aperta al contributo e alle critiche di tutti. Il nostro movimento intende ascoltare e coinvolgere gli abitanti dei campi, i loro mediatori culturali, gli operatori del sociale. Non consentiremo che restino escluse e inascoltate, sia chiaro, le vittime della cultura dell’illegalità diffusa: i cittadini, gli imprenditori, gli studenti, i turisti.

Abbracciamo un obiettivo non nuovo, ma che nessuno sino a oggi ha perseguito con la sufficiente risolutezza: tutti i campi devono essere progressivamente chiusi e le famiglie dovranno essere reinserite, a piccoli gruppi, in abitazioni sparse in ogni rione e quartiere, di Firenze e della Toscana, ciascuno aiutato secondo i suoi effettivi bisogni (non tutti i nomadi sono poveri; non tutti sono marginali).

Non si devono creare nuovi ghetti: le famiglie tolte dai campi nomadi non devono riempire interi stabili. Devono essere distribuite, anche per spezzare certi inaccettabili schemi clanisti di soggezione gerarchica fra capi e gregari.

Noi crediamo nella forza inclusiva del buon vicinato e nell’efficacia dei servizi sociali in comunità più a misura d’uomo, quelle che proponiamo con la nostra Rivoluzione Rionale (https://www.comitatolibertatoscana.eu/la-nostra-proposta-per-firenze-2019/).

Noi crediamo che coloro che accettano di lasciare i campi, potranno trovare in ciascuno dei rioni di Firenze o nelle altre comunità della Toscana, non solo accoglienza e ospitalità (anche con soluzioni innovative di riuso di spazi e beni pubblici abbandonati), ma soprattutto un rapporto più diretto e più responsabilizzante, che farà abbassare i muri della diffidenza reciproca, consentendo di superare insieme i problemi culturali e sociali in tempi brevi e in maniera molto pratica.

Il nostro è il ripensamento della gestione delle città e dei comuni dividendoli in realtà più piccole, che si possono percorrere ogni giorno a piedi per vederne i problemi e toccarli con mano, comunità più contenute in cui, in breve tempo, nessuno potrà sentirsi estraneo, marginale, o deresponsabilizzato, nemmeno gli ultimi arrivati.

Negli incontri seguiti al gravissimo incidente di domenica 10 giugno 2018 in Via Canova a Firenze, che ha causato la morte di Duccio Dini, abbiamo raccolto testimonianze dirette che raccontano di una serie di scelleratezze: rifiuto di mandare i figli a scuola; rifiuto di porre fine all’accattonaggio; rifiuto di vivere rispettando regole minime di igiene. Tanti raccontano che persone nomadi (vere o presunte) prendono i mezzi senza biglietto, borseggiano cittadini e turisti, compiono furti nelle case, non pagano le utenze. Ci sono stati riportati anche comportamenti criminali più gravi, che avrebbero origine nei campi e che sarebbero in qualche modo coperti da un clima di omertà e terrore che domina i campi stessi: spaccio di varie sostanze, commercio di armi, abbandono di rifiuti di ogni tipo. Ci è stato parlato persino di prostituzione minorile. Queste potranno essere considerate impressioni emotive, ma esse meritano ascolto, perché non divengano argomenti a favore di quelli che vogliono cristallizzare pregiudizi e oppressione.

Per inciso, vorremmo registrare anche una situazione pericolosa, questa senz’altro non frutto di impressioni: la pretesa di taluni di tenere presso i campi macchine potenti, di incerta origine, prive di assicurazione, in condizioni di dubbia sicurezza.

Negare la realtà delle marginalità dicendo che ci sarebbero, come in ogni comunità, delle singole “mele marce”, non la cambierà. Non c’è solo un problema di responsabilità penali individuali. Non servono generalizzazioni a sfondo culturalista o magari addirittura razzista. Il punto è squisitamente sociale e politico: c’è una intera struttura, quella dei campi, che è criminogena.

Noi diciamo basta a strutture come il campo fiorentino del Poderaccio, che è diventata una discarica sociale, oltre che un disastro ambientale.

Se gli abitanti degli attuali campi vogliono vivere a Firenze e in Toscana devono accettare le regole della vita e della cultura toscana e stringere la mano che i nostri servizi sociali tendono verso di loro. Questo è lo IUS CULTURAE da praticare nella vita quotidiana, da parte di tutti. E questo, sia chiaro, non implica che i nostri servizi sociali stiano facendo tutto bene o tutto il possibile.

Un grande progetto di assimilazione è ovviamente ambizioso e non può essere che a lungo termine (ben oltre il mandato di un sindaco, o di un presidente di regione – anche se a questo proposito, sia detto senza polemica, deludono molto quei sindaci e quei presidenti che si ricordano della necessità di superare i campi nomadi quando ormai sono nella parte finale del loro mandato).

Un progetto a lungo termine come la chiusura di tutti i campi nomadi ha bisogno di essere portato avanti insieme dalle diverse autorità civili e militari, con l’appoggio di forze politiche di maggioranza e di opposizione (basta con le ipocrisie di certa sinistra e con le strumentalizzazioni di certa destra).

Non c’è nulla di facile. Non tutti collaboreranno. Non tutto avverrà spontaneamente. Non occorre violenza, ma molta fermezza. Le persone saranno chiamate a scelte chiare.

Molti cambiamenti, come l’emancipazione delle donne e la loro protezione dalle gravidanze forzate, il rispetto della dignità dei minori, il rifiuto di schemi machisti, la repressione del bullismo, la prevenzione della prostituzione, la lotta all’accattonaggio, la fine della tolleranza nei confronti del borseggio, dovranno essere imposti, specie a certe famiglie che si sono ormai configurate come veri e propri clan sempre in bilico fra sfruttamento dell’assistenza sociale e pratiche da criminalità organizzata.

Il rifiuto ostinato di entrare a fare parte della comunità toscana, di accettarne le regole di convivenza, di rispettarne le leggi, dovrà avere delle conseguenze, fino alla espulsione.

Sarà un processo lungo, faticoso e doloroso, in cui ci sarà bisogno dell’aiuto, del lavoro, dei sacrifici di tanti e per tanto tempo, ma alle condizioni precarie dei nomadi in Toscana e alle sofferenze delle vittime della delinquenza generata da nomadi (veri o presunti tali), almeno a quella alimentata dal degrado dei campi, deve essere posta la parola fine.

 

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La foto in testa a questo documento, sul degrado del Poderaccio di Firenze, è del 2016 (fonte: www.firenzetoday.it ).