La nostra scelta sarà di usare il toscano, la lingua toscana per questo sito.
Il Toscano, lo sappiamo, non viene considerato lingua e neppure dialetto. Si chiama “vernacolo”, parola che viene dal latino vernaculus cioè “domestico, familiare” ( fonte Treccani); Servo nato da una schiava nella casa del padrone. Allora la nostra è una lingua serva?
Forse, in un certo senso. L’italiano nacque dal toscano anziché da una lingua che riassumesse le varie lingue italiche. Oggi però l’italiano standard stiaccia (sì stiaccia) i’toscano. Lasciamo da parte le polemiche storiche, i’toscano lo si vede correggere nelle scuole e nelle case (hase), sia come vocaboli che come pronuncia. Rimane nei paesi, parlato in contesti rurali o un pochino nelle città. Spesso viene usato per colorire una battuta di spirito, relegato in contesti comici o di folklore, come ad esempio nei film dagli attori comici toscani.
Una lingua è il pensiero nella nostra mente. Una lingua sono i colori, la musica, i sapori, un modo di vedere la realtà. La realtà della terra in cui è nata e si muove, viva. Una lingua è ricchezza.
Sacrosante le battaglie di quei popoli e comunità che vogliono che la propria lingua sia insegnata a scuola. Anche noi lo vorremmo, che fosse accettata, non corretta e ripresa. E ni’futuro insegnata.
I’toscano unico unn’esiste, esistono una serie di idiomi o di varianti che hanno molte cose in comune tra loro, che sono parlate tutti i giorni da oltre 3 milioni di persone nei territori che quasi corrispondono agli attuali confini della regione Toscana. Non parlano toscano la Lunigiana e la Romagna Toscana, ma di ceppo toscano sono il corso, il sassarese e il gallurese, considerate varianti. Nell’Umbria occidentale parlano più o meno il chianino.
Un toscano solo unn’esiste dicevo, difatti si legge da Enciclopedia Treccani: (…) Ragioni storiche e linguistiche impediscono la diffusione di un modello regionale di riferimento e di un italiano regionale davvero unitario, che possa essere messo a confronto con quello di Milano, di Roma o di Napoli. Il tradizionale policentrismo della regione rende difficile che una sola città, pur importante, inglobi linguisticamente le altre. La parlata del capoluogo di regione ha un ‘tasso di dialettalità’ così elevato – sia a livello di produzione (per l’altissima frequenza di pochi elementi dialettali nel parlato corrente, ben noti e sanzionati) che a livello di percezione – da rendere quasi impossibile l’adesione a un modello fiorentino esplicito. (…)
Questa… codesta breve citazione riprende i’ nostro concetto confederale di autogoverno dei territori e lo porta diritto nella nostra scelta linguistica.
CLT intende, vole dare spazio all’uso del toscano, levarlo dall’angolo di folklore e comicità in dove è rimasto e dargli la dignità che si merita, come lingua viva e vegeta, segno di una, di molte identità che arricchiscono tutta l’umanità.
Useremo il toscano dunque, ogni articolista di questo sito, toscano di nazione (nascita) o di elezione, è invitato (mica obbligato) a usare il suo, quello di dove vive o di dove è nato, a scelta.
All’inizio saremo tutti un po’ timidi, a cominciare da chi vi scrive. Sarà per la lunga repressione scolastica, per gli influssi televisivi, giornalistici. E poi l’incertezza per la trascrizione dei fonemi: si deve scrivere la hasa come si pronuncia o la casa e pronunciare soltanto con la h? Sulla tastiera non ci sono le lettere della pronuncia toscana. Troveremo il modo, con la consuetudine e magari qualche consiglio da qualche linguista-toscanista. Saremo un pohino titubanti, ma speriamo di scioglissi ni’cammino.
Marco Di Bari
lingua usata (a spizzichi e bocconi): fiorentino